LE PAROLE DELLA STORIA: RACCONTARE IL PRESENTE

In un mondo attraversato da tensioni geopolitiche e narrazioni distorte, storici e studiosi riflettono su verità, falsificazione e ruolo educativo della storia come chiave per comprendere il presente.

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Gli importanti cambiamenti e le inquiete tensioni che stanno animando in questo periodo il panorama geo-politico internazionale, accompagnano sempre più spesso il cittadino qualunque a chiedersi quali possano essere quei fatti e quegli eventi la cui conoscenza sia in grado di fornire un quadro il più possibile chiaro ed esauriente del senso dei tempi che stiamo vivendo.


Tutto ciò rimanda al dibattito che sta animando con un certo interesse giornalisti e storici che si occupano, a vario titolo, di raccontare il presente cercando di comprendere quale passato abbia potuto dargli origine. La questione riguarda principalmente tre aspetti: la natura dei mezzi di comunicazione con cui ciascun individuo viene a conoscenza delle cose che accadono, il bisogno di verità che le accompagna e, infine, la consapevolezza che qualunque sia la narrazione dei fatti considerati la stessa non è immune dal carattere essenzialmente soggettivo che caratterizza la prospettiva di chi compie quella stessa narrazione. 

Del primo, parla diffusamente lo storico Francesco Filippi nel suo recente lavoro intitolato Cinquecento anni di rabbia (Torino, 2024) nel quale descrive come la diffusione incontrollata di mezzi di comunicazione innovativi (dalla stampa a caratteri mobili di Gutenberg a Internet) abbia potuto condurre alla costruzione e diffusione di visioni del mondo e della società spesso contemporaneamente in conflitto tra loro, tanto da essere fonte, appunto, di rabbia, dissenso e ribellione popolare. Del secondo aspetto, invece, tratta Adriano Prosperi, altro autorevole storico, nel suo recentissimo Cambiare la storia (Torino, 2025): la tesi di fondo riguarda quali risonanze lasciano nella società quei fatti e quegli eventi falsi, costruiti e diffusi volutamente da gruppi di potere che cercano a tutti i costi di consolidare la propria egemonia attraverso una narrazione distorta delle cose (l’autore, in questo caso, analizza una serie di celebri e acclamati falsi storici, dalla donazione dell’imperatore Costantino a papa Silvestro fino ai Protocolli dei Savi anziani di Sion, sui quali, com’è noto, andranno a trovare fondamento le ragioni terribili dell’Olocausto). Il terzo aspetto ha a che fare col dibattito che ulteriormente anima il mondo della scuola con specifico riferimento all’insegnamento della Storia. In uno degli ultimi inserti settimanali del quotidiano Corriere della Sera, gli storici Franco Cardini ed Ernesto Galli Della Loggia si confrontano proprio sul tema della migliore e più utile prospettiva di approccio storiografico ai fatti del passato. Cardini parla della necessità di una visione dall’universale allo specifico e usa la metafora del paracadutista che dall’alto ha una visione generale del paesaggio e man mano che scende si avvicina fino ad arrivare a toccare lo specifico della parte di paesaggio che gli appartiene. Galli Della Loggia, invece, sostiene che, al contrario, una visione delle cose che cresce dallo specifico di una realtà di dimensioni limitate, più vicina e facilmente percepibile dagli occhi di un giovane alunno, al più generale contesto universale in cui è inserita, favorisce una migliore comprensione del mondo e delle relazioni che in esso si innestano e si sviluppano, a partire da una comprensione del proprio spazio identitario di appartenenza. Un approccio utile ed efficace, verso l’esercizio di uno sguardo aperto e sempre disponibile al pensiero critico, che coinvolga le tracce di qualcosa che è accaduto e che sappia al contempo coglierne quelle conseguenze che si manifestino come segnali del presente, è probabilmente quello di Carlo Ginzburg quando definisce il lavoro dello storico come la capacità di sciogliere quell’intreccio di vero, falso e finto che caratterizza la trama del nostro stesso vivere quotidiano. Lo svelamento della trama come ricerca storiografica potrebbe mostrarsi allora lo strumento privilegiato per una lettura del presente, verso la comprensione della verità o, almeno, del senso di cui essa è portatrice nel momento in cui si manifesta attraverso accadimenti e situazioni.

Autore

Marco Leoni
Marco Leoni

Analista economico e giornalista freelance, racconta lavoro, innovazione e politiche industriali con uno sguardo attento ai cambiamenti globali.

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